Il carnevale è una delle tradizioni più sentite nella Valpelline e nella valle del Gran San Bernardo. Ogni anno, gli abitanti smettono i panni di normali cittadini per indossare quelli storici delle “landzette”, le tipiche maschere di carnevali delle valli alpine confinanti con la Svizzera. Questi costumi, ornati con ricami di paillettes, fiori e specchietti sono costituiti da pantalone, gilet, giacca a coda di rondine, camicia, cintura con le gorgoilles (campanelle) e cappello al quale vengono attaccati dei nastri colorati. La tradizione vuole che questa vera e propria maschera di carnevale della Valpelline rievochi il passaggio delle truppe napoleoniche nella vallata del Gran San Bernardo, il cappello infatti ricorda quello di Napoleone che fece il suo ingresso in Italia proprio da questo valico alpino.
Una volta il tessuto era una stoffa di cotone molto pesante il matie, oggi è stato sostituito dal velluto. Nella confezione dei costumi dominano il rosso, il bianco e il nero, seguono a ruota il verde, il viola, il blu e l'arancione. I colori dominanti hanno un significato simbolico preciso. Il rosso è simbolo di forza e di vigore ed esorcizza malefici e disgrazie, il nero rappresenta il buio delle lunghe notti invernali, il bianco la primavera.
Gli specchietti hanno come funzione principale quella di catturare i raggi del sole e di allontanare tutte le presenze oscure e maligne. Una funzione analoga ricopre il gorgoillon o le gorgoilles, che non sono altro che pesanti sonagli portati alla vita. Ogni landzetta tiene nelle mani un crine di cavallo che rappresenta il vento che scaccia il freddo e gli spiriti maligni, permettendo così l'arrivo della primavera e dunque della stagione propizia per l'agricoltura. Il viso è poi nascosto da maschere, anticamente ricavate dalla corteccia degli alberi, sostituite ormai da materiali plastici, anche se vi è un ritorno all'utilizzo di maschere in legno.
A guidare il gruppo c'è il portabandiera che sventola con orgoglio il vessillo del Carnevale. Spesso il suo viso è coperto da baffi ed occhiali, chiari simboli della sua indiscussa autorità. Viene seguito dai musicisti, i joueurs, che suonano fisarmoniche e sax, mentre in alcuni carnevali sono ancora presenti gli Arlequins e le Demoiselles che rappresentano le giovani coppie.
Le maschere di lo Toque e la Tocca personificano, invece, i due anziani sposi protagonisti di una famosa leggenda. In essi è ben evidente il rovesciamento dei ruoli che il Carnevale porta con sé, dal momento che nella vita reale del paese sono i giovani a sposarsi.
In questa rappresentazione capovolta della realtà ovviamente appaiono anche gli animali e la loro società: procedendo con un'andatura dondolante ed emettendo strani versi, arrivano gli orsi, selvagge presenze simboleggianti le forze della natura solitamente sfavorevoli all'uomo sulle quali, però, egli interviene cercando di imporsi e combattere; il domatore, infatti, controlla l'animale, lo segue e, talvolta, riesce a tenerlo al guinzaglio.
La sfilata viene chiusa dal dottore e dal curato, altre figure centrali delle società dei villaggi alpini. L'uno tenta di curare i malanni fisici, l'altro quelli di carattere spirituale.
Altra maschera caratteristica di questi carnevali è il diavolo, avvolto dal suo mantello rosso bordato d'oro e arricchito da campanelli; elegante rappresentante di tutte le forze malefiche e incomprensibili egli insegue e cerca di colpire le persone con il classico forcone.
Da qualche anno il "Comité du Carnaval de Bionaz" organizza anche la gara in maschera per i più piccini.
Partecipare al carnevale di queste vallate è un'esperienza unica, soprattutto perché permette di assistere a un rito ancora molto sentito e partecipato: le case degli abitanti si aprono e la benda, ossia il gruppo di mascherati, entra in queste per festeggiare il capovolgimento della realtà e il breve periodo dell'anno in cui tutto, o quasi, è concesso.